Lo Stato dell’Io Genitore

Lo Stato dell’Io Genitore

Lo Stato dell’Io Genitore è quella “parte di noi” che funziona utilizzando un insieme enorme di registrazioni di eventi esterni con cui l’individuo viene in contatto durante i primi cinque anni di vita cioè nella fase della vita che precede la nascita sociale della persona (l’ingresso a scuola). Qualsiasi evento esterno viene registrato nei nastri del cervello ma quelli più significativi sono determinati dall’esempio e dalle affermazioni dei genitori reali o dei loro sostituti. In pratica queste registrazioni contengono tutto ciò che il bambino ha visto fare o ha sentito da parte dei propri genitori.

I messaggi e i modelli genitoriali vengono registrati nello stato dell’Io Genitore in tempo reale e senza alcuna mediazione. Questo accade perché il bambino è totalmente dipendente, è incapace di elaborare significati tramite il linguaggio ed è quindi impossibilitato ad apportare modifiche, correzioni o spiegazioni sia ai modelli che ai messaggi che riceve dai genitori.

Nel Genitore sono registrate tutte le regole e le norme che il bambino ha ricevuto dai propri genitori e che ha visto mettere in pratica. A parte le primissime comunicazioni dei genitori, cioè nei primissimi giorni di vita, tutto viene interpretato in modo non verbale attraverso il tono della voce, l’espressione del volto, la presenza o meno di carezze. Successivamente quando il bambino  è in grado di comprendere il significato delle parole vengono registrate regole e norme verbali più elaborate.”Non dire mai bugie, paga sempre i tuoi debiti, un bravo ragazzo pulisce sempre il proprio piatto, non fidarti mai di una donna, non passare mai sotto una scala, fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, frega per non essere fregato”

Tutti questi messaggi sono registrati come fossero la verità assoluta in quanto provenienti dalla fonte di ogni sicurezza e certezza per il bambino: i propri genitori, due giganti alti 2 metri in un periodo in cui il bambino alto poco più di mezzo metro ha tutto l’interesse ad essere buono ed ubbidiente.

Queste registrazioni sono permanenti e non cancellabili e pronte ad essere riascoltate e quindi utilizzate in ogni momento della vita. Inoltre le informazioni registrate nello stato dell’Io Genitore rappresentano un indispensabile strumento di sopravvivenza in quanto forniscono regole il cui obiettivo è appunto la sopravvivenza sia in senso fisico che sociale.

Quando il comportamento e le parole dei genitori sono in contraddizione le registrazioni vengono ignorate in quanto fonte di confusione. Il bambino non è in grado di mettere in discussione queste contraddizioni e quindi si difende non utilizzando la registrazione. Ad esempio se il genitore dice “le bugie non si dicono” ma poi mente oppure se il genitore dice “fumare fa male alla salute” e poi fuma.

Una metafora che descrive bene l’effetto delle registrazioni contraddittorie è quella della musica stereofonica. Nella registrazione del suono stereofonico ci sono due solchi che se  in armonia producono un effetto stupendo quando vengono ascoltati insieme; se invece non sono in armonia l’effetto è sgradevole ed è meglio non ascoltare quella registrazione.

Molte delle informazioni contenute nel genitore vanno a costituire la categoria del “come si fanno le cose“: come appendere un quadro, come fare il letto, come mangiare la minestra, come soffiarsi il naso eccetera. Il “come” si fanno le cose comprende una grandissima quantità di dati raccolti osservando i genitori. Si tratta in genere di dati molto utili che permettono al bambino di imparare a cavarsela da solo. Solo successivamente col crescere dello stato dell’Io Adulto e quindi della libertà di poter esaminare i dati del Genitore, queste informazioni sul “come” possono essere eventualmente aggiornate o sostituite con delle soluzioni migliori e più adatte alla realtà. Se le prime istruzioni registrate nel Genitore hanno caratteristiche di severità e perentorietà si possono incontrare maggiori difficoltà nell’esaminare il vecchio modo di compiere certe operazioni ed eventualmente di modificarle.

Se pensiamo che nel cervello di ogni persona sono registrate migliaia di queste semplici norme di vita ci possiamo rendere conto di quale enorme quantità di dati è registrata nel Genitore. Alcune di queste ingiunzioni sono rafforzate dall’aggiunta di imperativi quali ad esempio “mai”, “sempre” e “non dimenticare mai che..” 

I nastri del Genitore possono essere di aiuto o di intralcio a seconda che siano più o meno appropriati alla situazione reale oppure a seconda che siano stati o meno aggiornati da parte dell’Adulto.

I genitori fisici non sono le uniche sorgenti dei dati presenti nello stato dell’Io Genitore. Ad esempio un bambino di tre anni che trascorre molte ore del giorno davanti alla televisione registra ciò che vede e i programmi possono inculcare alcune concezioni di vita; in generale qualsiasi situazione esterna in cui il bambino si sente alla mercé degli altri fino al punto di non essere libero di dubitare o investigare produce informazioni che vengono registrate in modo indelebile nel genitore. 

Lo Stato dell’Io Genitore si arricchisce di nuove informazioni anche dopo i primi cinque anni di vita anche se in modo molto meno significativo a causa della presenza dello Stato dell’Io Adulto che è in grado di giudicare e valutare le informazioni che riceve e decidere se archiviarle o no.

Foto di Suzi Kim su Unsplash

Le 3 personalità dentro di noi

Le 3 personalità dentro di noi

Durante gli studi iniziali in cui Eric Berne elaborò l’Analisi Transazionale egli osservò che le persone, quando le osserviamo e quando le ascoltiamo, possono cambiare a vista d’occhio. È un cambiamento che riguarda l’espressione del volto, le parole, i gesti, la postura e anche le funzioni fisiche ad esempio può apparire un arrossamento del volto oppure può aumentare la frequenza cardiaca o la frequenza respiratoria.

L’individuo che va incontro a tali mutamenti rimane sempre la stessa persona dal punto di vista fisico quindi che cosa sta succedendo ?

Mi ricordo una paziente che venne da me in quanto oppressa da una grave forma di insonnia e dalla costante preoccupazione di non svolgere bene il suo ruolo genitoriale.

Durante la prima seduta mi racconta in modo sereno e realistico le motivazioni che l’avevano spinta a chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta: “l’assenza di sonno soddisfacente mi mette sempre più in difficoltà e credo di poterla collegare al fatto che non sono sicura di svolgere in modo ottimale il mio ruolo di mamma”

Ad un certo punto improvvisamente scoppia piangere con voce e comportamenti come quelli di una bambina: “lei mi fa sentire come se avessi tre anni“. Le chiedo cosa fosse accaduto per farla sentire come una bambina ma lei risponde non lo so e aggiunge: “all’improvviso mi è sembrato di aver sbagliato tutto“. In seguito, sempre durante la stessa seduta, la voce e l’atteggiamento cambiano di nuovo improvvisamente e con tono critico e dogmatico mi dice: “tutto sommato, anche i genitori hanno i loro diritti e bisogna insegnare ai bambini a saper stare al loro posto

Nel giro di pochissimo tempo la donna aveva manifestato tre personalità diverse e distinte: un adulto razionale e consapevole, una bambina in preda ad emozioni forti, un genitore intollerante e critico.

Questi tre Stati dell’Io esistono in ogni persona: e come se ognuno di noi portasse in sé la personalità infantile (Bambino) di quando aveva due o tre anni e i propri genitori critici e normativi (Genitore). Si tratta di vere e proprie registrazioni a livello cerebrale di esperienze concrete di avvenimenti sia interni che esterni soprattutto risalenti ai primi cinque anni di vita. Il terzo stato dell’io (Adulto) è la parte di noi in contatto continuo con la realtà del qui ed ora.

È importantissimo sottolineare a questo punto che non stiamo parlando di ruoli ma di realtà psicologiche. Mentre il  Super-Io, Io e Es della psicanalisi sono concetti astratti, gli Stati dell’Io sono realtà fenomenologiche causate dal ri-ascolto di registrazioni di eventi accaduti in passato e riguardanti persone, tempi, luoghi, decisioni e sentimenti reali.

La memoria emotiva

La memoria emotiva

I meccanismi della memoria

Tutto ciò di cui siamo coscienti è registrato con precisione e quindi immagazzinato nel cervello e può essere rievocato al bisogno.

Probabilmente il fatto più sorprendente di questi meccanismi di memorizzazione è il fatto che oltre agli avvenimenti e alle esperienze vengono registrate e immagazzinate anche le emozioni legate a quegli avvenimenti. Un certo avvenimento e l’emozione collegata sono inestricabilmente connessi e non possono essere separati cioè è impossibile rievocare un avvenimento senza rievocare anche l’emozione legata.

Ancora più sorprendente è il fatto che a volte l’emozione collegata a un antico avvenimento registrato nel cervello può emergere senza ricordo cosciente dell’avvenimento. Facciamo un esempio.

Un paziente mi raccontò una volta che passando davanti a un negozio di strumenti musicali udì una melodia che causò immediatamente uno stato di tristezza opprimente. Il paziente si era sentito invaso da una potente malinconia a cui non sapeva dare alcuna spiegazione. Nessun pensiero cosciente poteva giustificare l’insorgenza di quella forte emozione. Alla domanda se quella melodia poteva ricordare qualche fatto del passato, il paziente negò affermando di non riuscire a porre minimamente in relazione quella melodia con la propria tristezza. Dopo circa una settimana lo stesso paziente mi telefona per dirmi che continuando a canticchiare ripetutamente la melodia si era improvvisamente ricordato di sua madre seduta al pianoforte intenta a suonare quella melodia. La madre del paziente era morta quando egli aveva solo cinque anni e a quel tempo ciò provocò una grave depressione durata a lungo nonostante i tentativi compiuti dalla famiglia per trasferire l’affetto per la madre su una zia che aveva assunto il ruolo materno. Prima di quel giorno in cui era passato davanti al negozio di musica il paziente non si era mai ricordato di aver udito quella canzone né che la madre l’aveva suonata. Chiesi al paziente se la rievocazione di quel ricordo infantile avesse per caso liberato dalla depressione; mi rispose che la natura del suo stato d’animo era cambiata: il ricordo della morte della madre causava ancora un forte senso di tristezza ma non si trattava più di una disperazione opprimente che aveva provato a suo tempo.

Questo caso mette chiaramente in evidenza come le emozioni collegate agli avvenimenti del passato vengono archiviate insieme al ricordo dell’avvenimento e possono addirittura emergere indipendentemente dall’avvenimento primario. È importante sottolineare che siamo di fronte a una reviviscenza dello stato d’animo cioè si riprovano le stesse sensazioni provate ad allora.

La registrazione di questi ricordi rimane intatta anche se viene meno la capacità di rievocarli .Il cervello opera come un vero e proprio registratore ad alta fedeltà incidendo su nastri “neurologici”ogni esperienza dal momento della nascita e forse anche prima.

Queste esperienze registrate e le emozioni associate ad esse possono essere rievocate nel qui ed ora con la stessa forma incisiva in cui avvennero allora. Queste esperienze possono non solo essere rievocate ma anche rivissute cioè non è solo il ricordo dello stato d’animo ma anche una vera e propria reviviscenza di quello che si era provato allora.

Foto di Hal Gatewood su Unsplash

Il terrorismo dei genitori narcisisti

Il terrorismo dei genitori narcisisti

Il terrorismo dei genitori narcisisti

Ho avuto la fortuna di non avere dei genitori narcisisti. Ho invece esperito i catastrofici danni che un genitore narcisista provoca ai figli sia attraverso i miei pazienti che attraverso figure familiari a me vicine. Ho visto gli effetti devastanti del narcisismo maligno.

Parlare di terrorismo psicologico non è affatto esagerato: è di fatto una forma di spaventosa violenza che inevitabilmente porta alla mente altre azioni criminali e premeditate come quelle politiche e sociali.

I figli dei genitori narcisisti hanno vissuto letteralmente nel terrore e nell’angoscia situazioni paragonabili a quella di chi si affaccia sopra un abisso infinito.

I figli dei genitori narcisisti assistono quotidianamente a scene incomprensibili a cui non è possibile sottrarsi. Facciamo un esempio.

Dopo un certo periodo di separazione padre e figliə si rincontrano. Il/la figliə corre entusiasta verso il padre per abbracciarlo. Il padre dice: “che bello rivederti” ma rifiuta l’abbraccio e respinge il/la figliə. Questa situazione è vissuta dal figliə come assurda e incomprensibile. E sentendosi respintə il/la figliə si ritrae. E il padre dice: “non devi aver paura di mostrare le tue emozioni” in questo modo il padre scarica la responsabilità del mancato abbraccio sulla paura del figliə di mostrare le proprie emozioni. Il/la bambinə si sente in colpa per questo ma allo stesso tempo non capisce e vive una sensazione di sabotaggio portata avanti in modo subdolo e falso.

Si tratta di una situazione in cui il padre invia al figliə un messaggio privo di coerenza tra componente verbale e componente non verbale.

In linguaggio analitico transazionale si parla di transazioni ulteriori in cui il linguaggio verbale dice qualcosa e il non verbale ne dice un’altra.

Il genitore narcisista si esalta esaltando la/il figliə e lə fa sentire in colpa se lo delude. “se non fai come ti dico io non ti amerò”. Un ricatto. Il genitore narcisista è oppressivə, disinteressatə e assente in quanto assorbitə dai propri interessi. 

Nessun narcisista manipolatore può sopravvivere indisturbato se non ha uno strato sociale in cui nascondersi e trovare appoggio quindi affinché un atteggiamento narcisistico nasca e sopravviva è necessario che esista uno strato culturale ben definito e profondamente radicato. Il narcisismo è alimentato dalla società narcisista che rigetta il valore formativo dell’esperienza del fallimento e insegue i miraggi del nuovo e del successo. 

Il buon genitore è colui/colei che sa coniugare la norma e l’affetto  che accetta le inclinazioni del figliə senza forzarlə a realizzare la propria dimensione narcisistica.

Il genitore narcisista fa sentire in colpa il/la figliə se non corrisponde all’immagine idealizzata che si è costruitə.

Il genitore narcisista c’è e non c’è ovvero c’è fisicamente con la sua presenza repressiva e incombente ma manca la dimensione di calore e di amore che si occupa dei veri bisogni del bambinə; è completamente assorbitə dai propri bisogni non ha empatia e prova disinteresse per i bisogni dell’altrə. E’ di fatto un anaffettivə 

Il genitore narcisista malignə è  capace di calpestare un’intera famiglia per soddisfare i suoi bisogni.

I figli dei genitori narcisisti sono convinti che non c’è modo per sconfiggerli e allora l’unica cosa da fare è imitarli.

I figli dei genitori narcisisti spesso entrano in competizione tra di loro in quanto uno dei figli può essere sceltə per rispecchiare maggiormente le aspettative del genitore narcisista. Il/la figliə non presceltə diventa una sorta di capro espiatorio cioè il bersaglio delle frustrazioni genitoriali costrettə a sopportare il peso di non riuscire mai a farne una giusta rispetto al fratello/sorella predilettə.

I genitori narcisisti mettono i figli l’uno contro l’altro.

Alcuni figli di narcisisti credono che il loro modo per andare avanti del mondo sia imitare i propri genitori magari scegliendo la stessa professione anche se non gradita.

All’interno delle relazioni di coppia i figli dei genitori narcisisti tendono a prendersi cura dell’altro in modo totalizzante e allo stesso tempo ad essere dipendenti dal partner cercando una qualche gratificazione personale. Allo stesso tempo nutrono una profonda insicurezza che tentano di mistificare con una falsa grandiosità e con l’egocentrismo.

Foto di Sandra Grünewald su Unsplash

Le decisioni dei bambini

Le decisioni dei bambini

I bambini prendono decisioni che risultano in modelli di comportamento fin dai primi giorni di vita. Nonostante la corteccia cerebrale non sia completamente sviluppata a quell’epoca e nonostante un alto livello di inconsapevolezza, il cervello antico del bambino è comunque in grado di cogliere l’ambiente e di prendere decisioni di sopravvivenza.

Continuiamo a prendere decisioni in ogni età ma le più importanti che determinano la struttura fondamentale della nostra personalità e del nostro carattere sono quelle prese nei primi tre anni di vita. Queste decisioni antiche sono quelle che più influenzano i nostri comportamenti da adulto e su cui sarà più difficile intervenire successivamente.

Alcune decisioni possono essere ricordate altre no e soltanto la psicoterapia consente di ricostruire decisioni prese prima dei sei anni di età. Molte persone rimangono sbigottite quando capiscono che le più importanti decisioni che hanno determinato il loro comportamento erano state prese quando avevano due anni.

Sotto molti punti di vista un bambino appena nato ha già nove mesi di età, in realtà; e quindi possiamo risalire ancora più indietro e prendere in considerazione situazioni della vita intrauterina. Lo stesso Freud suggerì che alcuni modelli principali di difesa iniziano a formarsi già prima della nascita

Quando il bambino nasce reagisce immediatamente a quanto succede intorno a lui; e il bambino appena nato è un elaboratore altamente sofisticato di informazione che molto precocemente conosce qualcosa di ciò che è e di ciò che può fare.

Il bambino di quattro settimane riesce a mettere in relazione il volto della madre alla voce della madre e inizia a riconoscere le differenze tra la madre il padre e gli estranei.

Entro sei settimane inizia a ridere spontaneamente oppure in risposta al riso di altre persone. Entro le 12 settimane capisce se la madre sta parlando con lui o se si rivolge a qualcun altro. A tre mesi riconosce gli oggetti che gli sono familiari e può essere intimorito dagli estranei.

Sempre nel corso dei primi tre mesi il bambino impara velocemente a influenzare il comportamento della madre: piange se ha fame oppure se è bagnato di pipì oppure se vuole essere preso in braccio. Entro il primo anno di vita ha consapevolezza di chi è in quanto persona separata dalla madre. Entro i primi due anni sia i bambini che le bambine hanno un’idea ben definita del loro sesso. Quindi i bambini raccolgono dati e prendono decisioni di primaria importanza per quel che riguarda la loro esistenza e i modelli fondamentali della loro personalità futura.

A causa di queste competenze relazionali così precoci il bambino nel primo anno di età può prendere delle decisioni di sopravvivenza nel caso in cui l’ambiente sia fonte di pericolo reale o immaginario. Queste decisioni sono fortemente influenzate dal fatto che i bambini piccoli sono in una posizione di grande inferiorità perché vivono con persone che hanno molto più potere di loro.

Cioè il bambino piccolo si sente in una situazione di estrema vulnerabilità alle influenze esterne.

Foto di Jonathan Borba su Unsplash

Emozionarsi

Emozionarsi

Emozioni: una parola che tutti conosciamo. Ma cosa sono ? Da dove vengono ? A cosa servono ? Quali sono ?

Cosa sono

Non è facile definire il concetto di emozione. Proviamo. L’emozione è uno stato psicofisico di breve durata che è attivato da uno stimolo esterno o interno. Lo stimolo esterno può essere una situazione di realtà oggettiva come ad esempio un pericolo reale che ci minaccia. Lo stimolo interno può essere un sogno, un pensiero, un ricordo, un dolore fisico.

Quando un’emozione circola dentro di noi si manifesta in diversi modi: attivando dei fenomeni fisiologici come la tachicardia o la sudorazione. Attivando il nostro linguaggio del corpo a tutti livelli: mimica facciale gestualità postura. Attivando dei comportamenti come ad esempio allontanarsi da una fonte di pericolo reale o allontanarsi dal contatto con una persona che ci provoca malessere.

Da dove vengono

Le emozioni primarie sono stati psicofisici comuni a tutti i mammiferi e quindi presenti e potenzialmente attive fin dalla nascita. Il fatto che siano presenti fin dalla nascita ci indica che la parte del cervello connessa alle emozioni è quella antica, l’archeopsiche, che funziona da sempre e che risiede anatomicamente nella parte centrale del cervello che esiste da sempre: sistema limbico, amigdale, corpo striato, nuclei della base.

A cosa servono e perché esistono

Le emozioni esistono da sempre con il semplice e grandioso scopo di proteggerci e aiutarci. La paura permette di salvarci da pericoli esterni e interni. La rabbia ci consente spesso di difenderci. La tristezza ci aiuta a riflettere sulla nostra condizione. La gioia ci consente di attivare tutte le nostre risorse.

Non ha senso parlare di emozioni positive e di emozioni negative. Tutte sono utili. Tutte ci aiutano. Semmai alcune emozioni ci provocano benessere e altre malessere. Tutti sappiamo stare col benessere. Tutti dobbiamo imparare a stare con il malessere.

Quali sono

Le emozioni primarie sono:

Paura,Rabbia, Gioia,Tristezza, Disgusto, Sorpresa

Sono presenti fin dalla nascita e in tutti i mammiferi.

Le emozioni secondarie sono quelle che si sviluppano con la complessità delle interazioni sociali e delle relazioni. Citiamone alcune:

Invidia, Vergogna, Orgoglio, Delusione, etc

Rabbia e paura costituiscono senza dubbio le due emozioni che con grande frequenza ci pongono di fronte a delle situazioni di crisi sia nelle relazioni che nel nostro vissuto interno e che possono essere difficili da gestire. Il riconoscimento, l’accettazione e la gestione della rabbia e della paura sono pietre miliari della comunicazione e delle relazioni tra le persone.

Foto di Tengyart su Unsplash

Mi sento OK anche nei social media

Mi sento OK anche nei social media

Mi piacciono i social media. Basta saperli usare. E’ inevitabile, secondo me, notare che la banalità regna incontrastata anzi poco contrastata. Sembra che i post più banali scontati e stupidi siano quelli più gettonati. Viene facile chiedersi quale sia il quoziente intellettivo medio degli utenti e il sospetto è forte che siamo circondati da una mare di cretini e cretine. E non ci voglio credere. Poiché i social mi piacciono, ho deciso di non far passare la tesi della stupidità dilagante. Ho deciso che i post intelligenti curiosi anomali laterali innovativi colti possono avere spazio e essere utili in qualche modo alle persone. Voglio sentirmi OK anche nei social.

Foto di Camilo Jimenez  Unsplash

L’angoscia abbandonica

L’angoscia abbandonica

Cercando nel vocabolario il significato del verbo abbandonare troviamo “Lasciare definitivamente” e anche “lasciare senza aiuto e senza protezione”. Entrambi i significati comportano quasi in automatico l’insorgere di una emozione spiacevole come paura o tristezza e relativa ansia/angoscia.

Il bambino che perde un genitore in modo definitivo e irreversibile, può facilmente pensare che sarà senza aiuto e senza protezione, si sentirà in pericolo, fisico e psicologico, e adotterà strategie per sopravvivere. E’ stato abbandonato. 

Per quel bambino sopravvivere fisicamente sarà probabilmente più facile che sopravvivere psicologicamentre cioè non essere sopraffatti e resi mal funzionanti dall’angoscia abbandonica che emergerà ogni qualvolta si ripropone, anche nella vita da adulti,  una situazione di potenziale e/o immaginario abbandono. 

Il bambino che è stato abbandonato è fisicamente sopravvissuto. Il Bambino con la B maiuscola, cioè lo stato dell’Io Bambino, come reagisce ogni qualvolta la vita adulta ripropone un contesto di abbandono come la morte, una partenza, una separazione ? L’antica angoscia ricompare e invade  il campo perchè è stata ampiamente “memorizzata” nell’archivio emotivo del cervello primordiale. 

L’archivio delle emozioni ha sede nella così detta archeopsiche, quella parte del cervello che esiste e funziona fin dai primi mesi di vita intrauterina (amigdala, ipotalamo, nuclei della base). Le connessioni del cervello antico con quello corticale e cosciente sono potenti e continue ma sfuggono quasi sempre al controllo e alla consapevolezza. Quando ci rendiamo conto del nostro stato emotivo nel “qui ed ora”, ad esempio ci accorgiamo di essere tristi o allegri, non ci è dato quasi mai sapere il vero motivo di quella emozione. Il “qui ed ora” è realmente allegro (o triste) ho ha semplicemente attivato gli archivi emotivi legati al “là ed allora” cioè al passato ? 

L’angoscia abbandonica è potente. A volte anche più dell’angoscia di morte. L’Adulto può aiutare il Bambino a decidere che può sopravvivere all’abbandono e che non rimarrà da solo. 

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Il dolore è una emozione ?

Il dolore è una emozione ?

Sia la parola “dolore” che la parola “emozione” implicano fenomeni psichici e somatici complessi che creano difficoltà nel cercare le loro definizioni.

Come si definisce il dolore ?

“Un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale effettivo o potenziale” così recita l’ultimo aggiornamento del 2018 della definizione da parte di “The International Association for the Study of Pain”. La stessa Società Scientifica aggiunge una nota fondamentale: “Il dolore è sempre un’esperienza personale che è influenzata in varia misura da fattori biologici, psicologici e sociali” che sottolinea le tre dimensioni interconnesse dell’esperienza del dolore: biologica, psicologica, e sociale e la natura personale appresa di quell’esperienza

Come si definisce l’emozione ?

Non è tutt’ora disponibile una definizione condivisa di emozione

Due elementi sono comuni a molte scuole di pensiero:

  • Le emozioni sono fenomeni complessi, multi-sistemici e con varie componenti;
  • Le emozioni giocano un ruolo chiave nei processi cognitivi, di giudizio e decisionali.

L’emozione può essere definita quindi come una risposta complessa a stimoli (reali o psicologici), che si traduce in azioni (fuga, avvicinamento, protezione) e che determina fenomeni fisiologici misurabili  (tachicardia, ipertermia, tachipnea, sudorazione, etc)

Sono in genere fenomeni di breve durata e intensi.

Non devono essere confusi o assimilati agli “stati d’animo (umore)” e ai sentimenti, fenomeni molto più stabili e duraturi.

Quindi come si fa dire che il dolore è una emozione ? Infatti: NON lo è. 

https://www.psicologia.unicampania.it/images/FIT_24_CFU/materiali/PsicologiaGenerale/Gruppo4/Emozioni_facoltativa.pdf

Photo by Aarón Blanco Tejedor on Unsplash

Bambini abbandonati salvati dal cellulare

Bambini abbandonati salvati dal cellulare

Si parla in questi giorni della nuova legge che obbliga all’uso dei seggiolini auto anti-abbandono per bambini fino a 4 anni. Per l’Italia non ci sono dati certi ma sembra che la numerosità sia circa 20 casi di abbandono dal 1988 ad oggi (con conseguenze variabili)

Ancora una volta la tecnologia digitale corre in aiuto del fattore umano: se il bambino viene dimenticato sul seggiolino in auto, una App dedicata emette un allarme acustico e visivo (ma potrebbe anche dire qualcosa) su un cellulare (di un genitore presumo) collegato al seggiolino.  Che succede se nel frattempo il cellulare si è sconnesso per qualche motivo dal seggiolino oppure viene dimenticato in macchina insieme al bambino ? Vengono inviati SMS di allarme con posizione GPS dell’auto a 3 numeri pre-impostati (Nonni ? Polizia ? Telefono azzurro ?).

Come ho scritto da sempre, non potrei più fare a meno del mio cellulare e non sono un fautore di battaglie anti-digitali preconfezionate. Ma pretendere di gestire uno dei più gravi atti mancati che si possa immaginare (negare un figlio !) solo con una App è l’ennesimo triste segnale che l’uomo sta perdendosi definitivamente.  Va bene l’App ma smettiamola di dire e scrivere che “capita di dimenticarsi un figlio” come le chiavi di casa o il portafoglio.

Credo nel determinismo psichico e cerco sempre di leggere gli atti mancati (dimenticanze, lapsus, scambi, etc) come segnali “in codice” di una parte profonda della nostra psiche.

La lettura Analitico Transazionale ci permette di vedere cosa può accadere nelle parti inconsce della nostra psiche. A volte, il Bambino della mamma o del papà entra in sofferenza per la presenza del bambino vero e si attiva in vario modo inviando messaggi non verbali molto potenti come quello di Non Esistere, ad esempio. “Non esistere” è l’ingiunzione più potente che lo Stato dell’Io Bambino del genitore può inviare al bambino vero.

Quando dimentichiamo un figlio piccolo totalmente dipendente da noi lo neghiamo, agiamo come se non esistesse. Lo facciamo scomparire.

Non sono concetti difficili da capire, forse difficili da accettare: questo vedo costantemente nella mia attività di educatore.

Rendiamo obbligatori i seggiolini anti abbandono (non parlo delle mie fantasie sul business creato dall’obbligatorietà) ma parliamo ed educhiamo i genitori a:

  • riconoscere queste dinamiche psichiche
  • diamogli il permesso di accettare la sofferenza del loro Bambino
  • insegniamo loro a prendersene cura usando su se stessi il Genitore Affettivo

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