La “Centerfold” syndrome ossia la corazza della mascolinità

La “Centerfold” syndrome ossia la corazza della mascolinità

Sto leggendo con molto piacere l’ultimo libro di Michele novellino: “I pronipoti di Adamo”, sottotitolo: le radici dell’amore ambivalente dell’uomo per la donna.

 

Pronipoti di Adamo - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

A pagina 38 mi imbatto nella “Centerfold syndrome” e subito mi scatta la curiosità tipica del mio Bambino di sapere cos’è; Novellino inizia il paragrafo così: “Brooks nel 1995 ha studiato l’origine e la rilevanza sociale ancora attuale dei messaggi che conducono il maschio a costruire la propria identità sessuale e, di conseguenza, la propria concezione della femmina e della”natura” del rapporto sessuale.” A questo punto capisco il tema ma non capisco il termine inglese centerfold. Provo con Google translate ma non c’è traduzione in italiano del termine inglese. Un semplice modo per capire il significato delle parole inglesi non traducibili è quello di cercare il termine su Google selezionando immagini: provate a farlo e probabilmente rimarrete, come sono rimasto io, a bocca aperta. Cercando le immagini in rete connesse alla parola inglese centerfold si ottengono esclusivamente pagine di copertina e pagine centrali di riviste pornografiche per uomini come ad esempio la famosissima rivista Playboy. Se invece la maggior parte di voi non rimane a bocca aperta perché già conosceva il significato della parola, sono io ad avere un importante buco cognitivo. In ogni caso, riprendo le riflessioni di Novellino e ve le propongo.

La stretta aderenza ad un codice maschile applicato alla sessualità crea spesso un importante disturbo del comportamento degli uomini (intendo dire dei maschi) sia nella sfera sessuale sia nella sfera relazionale ed emozionale. Questi maschi sentono la necessità impellente di desiderare donne fisicamente attraenti cosa che superficialmente può essere giudicata naturale ma che in profondità denuncia un pregiudizio e un ordine interno che costringe il maschio a conquistare, a competere con altri maschi nell’ottenere un corpo femminile aderente a standard estetici codificati. Molto spesso le donne sono pesantemente condizionate e per sentirsi attraenti si adeguano a questi standard. La nostra cultura contemporanea sostiene questo modello ed esalta l’apparenza fisica. La conquista del corpo femminile è più importante delle relazioni, del rispetto, delle emozioni. I pregiudizi socio-culturali relativi alla disparità tra uomo e donna, sono un aspetto centrale nella storia di questi maschi.

La sindrome è caratterizzata da cinque elementi principali:

  1. il Voyeurismo cioè l’eccessiva importanza dell’osservazione del corpo dell’altro. Purtroppo i media, e la comunicazione digitale (Social e Web) promuovono un modello relazionale fortemente basato sull’apparenza fisica. La componente visiva delle relazioni sessuali e dell’erotismo si è accresciuta in modo ipertrofico nell’era moderna generando una vera e propria ossessione di guardare i corpi femminili.
  2. Oggettificazione: il corpo femminile è considerato un oggetto e alle donne viene trasmesso il messaggio che la bellezza fisica è il mezzo più importante e irrinunciabile per essere riconosciute socialmente, per avere potere e libertà personale. E’ l’ossessione per l’apparenza e le donne perdono la loro vera personalità con maschi che investono in maniera feticistica su parti del corpo della donna.
  3. Bisogno di conferma: molti uomini vedono la sessualità come unico mezzo per confermare la propria virilità. Allo stesso tempo questi maschi ricercano in modo ossessivo evidenze oggettive del piacere femminile in quanto ciò fornisce una prova concreta della loro mascolinità; in qualche modo quindi il corpo della donna diviene un indicatore della adeguatezza maschile e i maschi diventano schiavi della sessualità non relazionale.
  4. Ricerca del trofeo: il corpo della donna è un trofeo da conquistare e da mostrare in quanto è la prova della propria adeguatezza e superiorità rispetto agli altri maschi
  5. Paura dell’intimità cioè un comportamento sessuale distaccato, in cui il maschio ha paura ad instaurare un contatto emotivo con l’altro diverso da sé. L’emotività è considerata una caratteristica femminile e i maschi vengono educati a nascondere debolezze e vulnerabilità. L’origine psicoemotiva di questa paura va ricercata nella pressione cui sono sottoposti i bambini a distanziarsi precocemente dal corpo della madre: questo genera un conflitto e un’impasse perenne con il corpo della donna, uno scontro costante tra il naturale bisogno di accudimento e la paura di essere umiliati. Questa paura dell’intimità ha quindi origine dalle relazioni emotive disfunzionali tra genitori e figli, che può essere definito come attaccamento disfunzionale.

I giovani maschi affetti dalla centerfold syndrome sono convinti che la virilità e strettamente dipendente dal numero di donne con cui si sono avuti rapporti sessuali; l’aggressività e la competitività sessuale dominano sulle relazioni intime, sull’empatia, sulle capacità di supportare gli altri. Alla fine questo tipo di sessualità aggressiva e dominante soffoca e sostituisce i bisogni profondi e veri. Ma il problema maggiore nasce dal fatto che molti adolescenti maschi, a livello inconscio, si sentono inadeguati e impotenti e sviluppano una forte rabbia per questo potere che le donne attribuiscono nel convalidare la propria mascolinità. Si tratta purtroppo di un disturbo narcisistico di personalità: il trofeo in realtà non gratifica e lascia delusi con la passione sostituita dalla vendetta.

Dal punto di vista psicodinamico è la riproduzione del rapporto antico con una madre seduttiva e abbandonica. Poiché ci si è distaccati precocemente dalla madre si rimane nella perenne impasse tra attrazione e paura. Questo bisogno irrisolto può essere mascherato e negato solo usando la corazza della mascolinità: si mostrano i muscoli, veri o simbolici, si negano le debolezze e si nascondono le fragilità. Se cerco di spingere una palla sotto il pelo dell’acqua, più la spinta sarà forte più la palla tenderà a rimbalzare verso l’alto e a colpirmi il viso !

Photo by Henry Hustava on Unsplash

Come diveniamo noi stessi

Come diveniamo noi stessi

Capire come diventiamo noi stessi è molto più facile di quanto comunemente si pensi; per conoscersi meglio non è obbligatorio andare nel profondo

Gli Stati dell’Io ovvero come diventiamo noi stessi….

Per poter conoscere come diventiamo noi stessi, quello che siamo e quello che pensiamo occorre rifarsi ad una teoria della personalità.

In che modo gli esseri umani costruiscono la loro personalità ? A questa domanda la psicologia e la psicanalisi cercano di rispondere da più di 100 anni. Nella speranza che in un futuro non troppo lontano si arrivi a un modello unificato del carattere e della personalità umana, abbiamo oggi a disposizione numerose teorie. Una di queste, l’Analisi Transazionale, fondata da Eric Berne negli anni 50, consente una comprensione facile dello sviluppo della personalità.

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1 – Il bambino assorbe i modi di essere, di parlare, di pensare, di agire di concepire il mondo che desume da come vede mettersi in relazione tra loro e con lui gli adulti che fanno parte dell’ambiente. Cioè introietta, fa proprio, assimila, l’ambiente familiare nel quale vive, con i suoi modi di pensare e di agire che diventano dei principi, delle regole che influenzeranno la sua personalità completa di reparto. L’ introiezione dei modi di pensare e di agire degli adulti presenti nel suo ambiente  determina  lo stato  dell’Io Genitore.

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2 – il progressivo formarsi nella mente del bambino di tutta una serie di esperienze legate al contatto diretto con la realtà determina lo stato dell’Io Adulto. La realtà viene sperimentata e affrontata in modo diretto e responsabilizzato quando si guarda, si giudica e si sente il mondo con i propri occhi e le proprie orecchie. Lo stato dell’Io Adulto è in grado di alterare le regole culturali e familiari incluse nello stato dell’Io Genitore. Lo stato dell’Io Adulto inizia a formarsi già durante i primi mesi di vita quando il bambino attraverso la sperimentazione dei sensi, del linguaggio e con l’aiuto del gioco comincia a trarre le conclusioni e a sentirsi un’entità autonoma capace di pensare e di decidere.

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3 – anche dopo il raggiungimento dell’età adulta permangono dei modi di pensare, di reagire e di scegliere che sono tipici dell’infanzia che costituiscono lo stato dell’Io Bambino;  un adulto, in genere responsabile di tutto quello che trova, può divenire di nuovo incapace di reagire di fronte ad superiore che gli urla contro e ritorna a comportarsi come quando da bambino si sentiva inerme e indifeso di fronte ai rimproveri del padre arrabbiato per qualche sua marachella. Ancora, l’essere umano adulto si comporta come un bambino quando si diverte, gioca e da sfogo a bisogni semplici come il sesso o il cibo.

Al momento della nascita l’essere umano viene proiettato in un ambiente interpersonale che lo accompagnerà durante tutto lo sviluppo psicofisico. I genitori, o chi per loro, costituiscono il filtro continuo per tutte le esperienze di contatto con il mondo interno ed esterno. Se il bambino ha fame piange in quanto reagisce e segnala uno stato di malessere interno: quello che succederà in risposta al suo pianto sarà determinante per le loro esperienze. Possiamo affermare con certezza che fin dall’inizio della sviluppo l’evoluzione della personalità dipende da due fenomeni fondamentalil’ambiente interpersonale nel quale nasce e cresce il bambino; l’innata capacità del bambino di reagire e di adattarsi alle condizioni in cui si trova. L’analisi transazionale mette a fuoco la sua visione dello sviluppo della personalità proprio partendo da queste due polarità: il bambino e l’ambiente che lo circonda che include i genitori o le figure genitoriali che eventualmente li sostituiscono, i cosiddetti “care givers”.

come si forma la personalità

Quindi la personalità si costruisce attraverso l’elaborazione attiva da parte del bambino che realizza delle esperienze interpersonali che l’ambiente che lo circonda gli propone. L’interazione con i genitori o con i loro sostituti è indispensabile per interiorizzare le norme e modelli di comportamento. In ogni caso la personalità si compone di tre dimensioni principali: Stati dell’Io Genitore, Adulto e Bambino; il diverso equilibrio tra gli Stati dell’Io, sia nel nostro interno che nelle relazioni, porta a diversi comportamenti e atteggiamenti che sono caratteristici della personalità di un individuo adulto.

L’influenza delle parti antiche della personalità (Genitore e Bambino) sulle decisioni coscienti della persona rimane al di fuori della percezione cioè ognuno di noi non si rende conto di decidere ciò che in realtà esprime, norme introiettate dei genitori oppure paure o illusioni del bambino.

Nel 1957 Eric Berne, nell’articolo “Ego states in psychoterapy”, menziona per la prima volta i tre Stati dell’Io e usa il diagramma con i tre cerchi che li circoscrivono. Berne descrive uno Stato dell’Io fenomenologicamente come un sistema coerente di sentimenti riferiti a un determinato soggetto, operativamente come un insieme coerente di modelli di comportamento, e pragmaticamente come un sistema di sentimenti che motivano il corrispondente insieme di modelli di comportamento. I tre Stati dell’Io  di base di una persona possono essere rappresentati con il diagramma della personalità.