Follia digitale

Follia digitale

La follia si insinua nel mondo digitale, lo pervade, lo conquista, lo manipola. E dal digitale ritorna alla mente umana che non smette di meravigliarsi di fronte all’ennesimo abuso della comunicazione digitale.“Se lo smartphone ti cura la mente: App e algoritmi aiutano gli psichiatri” così recita un articolo comparso il 3 Ottobre in rete e rilanciato nei social. (https://goo.gl/3vuuuB) Leggo cose del tipo:

Se la notte non dormi perchè la mente soffre, tieni il computer sempre aperto sull’applicazione, siediti davanti allo schermo e lancia l’app: puoi capire meglio le tue emozioni.

Sono in terapia con uno smartphone

Uso l’app e posso aprire cassetti chiusi della mia mente senza sentirmi giudicata

Dopo aver letto l’articolo sento forte il bisogno di postare qualcosa per commentare l’ultimo delirio del mondo digitale. Uso smartphone, tablet e PC ogni giorno e sono molto presente nella rete ma sostengo e difendo la peculiarità e la non sostituibilità del fattore umano. Pensare di essere “curati” nella mente da una app è delirio. La mente umana può essere curata in molti modi e credo che le relazioni siano il più potente strumento terapeutico che gli umani posseggono.

C’è bisogno di contenere la follia digitale dilagante e che rischia di annientare la razza umana. Leggete: “Baciami senza rete” di Paolo Crepet e scoprirete di più.

La depressione può essere una malattia terminale ?

La depressione può essere una malattia terminale ?

Un ingegnere di Albavilla (Como) affetto da “depressione” ha nei giorni scorsi utilizzato il suicidio assistito che è attualmente disponibile in Svizzera. La Procura di Como ha aperto un fascicolo per sospetto reato di istigazione al suicidio. La stampa non specializzata è ricca di report sull’argomento e si chiede se la “depressione” può essere considerata una malattia terminale assimilabile a quelle condizioni “compatibili” con una richiesta di eutanasia e di suicidio assistito.

Il problema è naturalmente particolarmente sentito per gli addetti ai lavori (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri) per i quali la “depressione” è tra delle condizioni di malessere psichico più frequenti e significative.

Chi scrive non è in grado di fornire una risposta definitiva e supportata da evidenze alla domanda che i media si pongono ma ritiene estremamente utile chiarire alcuni punti che la maggioranza, se non totalità, dei report on line ignorano.

Partiamo dalla presenza delle virgolette sulla parola depressione, utilizzate più di una volta in questo post. I disturbi depressivi includono una varietà di condizioni psichiche anche molto diverse tra loro con diagnosi, terapia e prognosi diverse. Le scienze psicologiche hanno negli anni rivisto la classificazione dei disturbi depressivi a testimonianza che non siamo completamente consapevoli dei meccanismi profondi che causano la depressione e, quindi, è molto probabile che il futuro ci riserverà sorprese piacevoli in termini di terapia e di prognosi. Le neuroscienze progrediscono a velocità impressionanti e sappiamo oggi cose che solo 10 anni fa erano considerate appartenere alla fantascienza. Non conosciamo la tipologia della depressione che affliggeva il paziente di Como; per certo il pensiero suicidario era presente facilitato dal sapere che si può essere aiutati a morire evitando l’estremo atto autodistruttivo da porre in atto in autonomia e in solitudine. E’ quindi evidente che si trattava di un paziente grave.

Altro punto che colpisce è la frequenza del disturbo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione colpisce 322 milioni di persone nel mondo e, quindi, è un’importante causa di disabilità planetaria, con un aumento del 18% di depressi stimato tra il 2005 e il 2015.

Altre ricerche epidemiologiche recenti mostrano che l’incidenza di stati depressivi è correlata anche con l’eventuale presenza di allergie alimentari o intolleranze come la celiachia. La depressione maggiore è attualmente la principale causa di malattia in Nord America e la quarta causa di disabilità in tutto il mondo. Nel 2030, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede che possa essere la seconda causa di malattia in tutto il mondo dopo l’AIDS.

E’ giusto, etico, accettabile che organizzazioni con obiettivi di profit assistano il suicidio di pazienti depressi ? Dal 2002, l’anno in cui il Belgio ha legalizzato l’eutanasia, 8761 persone hanno deciso di morire in questo modo. Negli anni i criteri della legge sull’eutanasia si sono modificati fino a consentire la morte non solo delle persone gravemente malate e in fin di vita, ma anche di quelle che “soffrono in modo insopportabile”.

Cosa vuol dire “insopportabile” ? Chi valuta la “sopportabilità” ? Lo può fare il paziente stesso ? Quella di una persona depressa è una scelta libera o è dettata dall’umore ? La valutazione fatta da una persona esterna è attendibile ?

Sono domande difficili, che muovono la coscienza civile e morale e spaventano facendoci sentire la morte a portata di mano. Quante volte un paziente depresso può parlare di suicidio al suo terapeuta ? Quante volte lo stesso paziente può stare prima meglio, poi addirittura bene, aiutato dalla psicoterapia, dai farmaci e da un contesto di vita diverso ? Un dato di certezza assoluta è la volontà forte e costante da parte del terapeuta di aiutare il paziente a controllare e rimuovere le idee suicidarie per prevenire e impedire in suicidio. Sappiamo che i disturbi depressivi vanno incontro a variazioni di intensità e che le scelte fatte nei momenti “down” sono molto lontane da quelle possibili nei momenti buoni.

Lo stato depressivo è come un paio di occhiali scuri sempre presenti che impediscono di effettuare valutazioni attendibili del mondo esterno. La depressione è uno stato emotivo che di per sé non porta all’attendibilità. I terapeuti insegnano ai pazienti a prendere le distanze dalle proprie valutazioni, a non credere troppo ai loro pensieri che sono appunto frutto di una distorsione negativa e pessimista.

Nel massimo rispetto della libertà individuale, ricordiamo che la decisione di suicidarsi tramite l’eutanasia, è il frutto di un sistema di valutazione e decisione, contaminato e distorto da un paio di occhiali scuri. Questo ci permette di condannare, senza alcun “ma” o “però” chi assiste le richieste di suicidio assistito da parte di pazienti “depressi”; ci permette anche di tenere ben distinta la depressione da altre forme di malessere/malattia che, senza ombra di dubbio, possono portare l’uomo in una condizione di malessere insopportabile e di assenza di speranza.

Chi scrive non ritiene mai etico ed accettabile il suicidio assistito.

Tipi di psicoterapia

Tipi di psicoterapia

La Psicoterapia, intesa come terapia dei disturbi e del malessere della persona di origine psichica, cura attraverso la parola e la relazione. Per raggiungere questo scopo possono essere utilizzate varie metodologie e tecniche basate su teorie diverse. 

Esiste molta disinformazione su questi argomenti ed è invece importante capire differenze e analogie tra tipi di psicoterapia

Segue la descrizione di alcuni tipi (ne esistono altri) molto usati e storici.

La Psicoanalisi Freudiana

La psicoanalisi è una delle scienze che si sono via via differenziate dal corpus generale dello studio scientifico della mente. La sua differenziazione è avvenuta a cavallo tra gli ultimi due secoli ad opera di Sigmund Freud e può essere considerata precoce e distinta rispetto ad altre scienze psicologiche. E importante distinguere tra teoria e metodo in quanto la psicoanalisi non è la teoria elaborata da Freud per curare pazienti con disturbi psichici bensì un metodo. Si può dire che Freud sta alla psicoanalisi attuale come Galileo sta alla fisica moderna.

Il metodo psicoanalitico era inizialmente inteso per esplorare alcuni eventi psicopatologici; successivamente è stato affinato e ampliato con lo scopo più generale di studiare tutti i processi che regolano il comportamento delle persone. Questi processi vengono individuati e ricostruiti attraverso la narrazione messa insieme dall’analista e dall’analizzando. L’analizzando può esperire durante l’analisi i propri processi mentali che sono sottesi agli eventi che devono essere esplorati come se essi fossero stati e fossero coscienti. Ciò è quanto viene generalmente inteso con la proposizione “rendere cosciente l’inconscio”. In realtà, tutte le scienze psicologiche studiano la mente cioè studiano l’inconscio. Quello che caratterizza la psicoanalisi è il fatto che l’inconscio viene studiato attraverso l’osservazione- traduzione che passa attraverso la partecipazione del soggetto ed il suo racconto e alla fine formulata in termini narrativi, cioè, verbali; ossia come se quei processi che si vogliono indagare fossero stati esperiti dalla coscienza del soggetto e da questi riferiti. La coscienza, che è responsabile della formulazione verbale, è usata dalla psicanalisi pur essendo questa la prima scienza psicologica che della coscienza ha riconosciuto l’ingannevolezza. La specificità della psicanalisi quindi sta nell’aver individuato una serie di procedure adatte ad usare il filtro della coscienza del soggetto e al contempo decontaminarlo dalla sua ingannevolezza e mistificatorietà. Queste procedure sono basate sulla progressiva osservazione della relazione interpersonale tra analista e analizzato; la relazione è mediata dalla loro comunicazione (Verbale, metaverbale e non verbale) ed agli effetti di cambiamento che ha sull’analizzando.

Sigmund Freud è stato il fondatore della psicoanalisi e nel 1923 ne ha dato la seguente definizione:

La psicoanalisi è:

  • Un procedimento per l’indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché impossibile accedere
  • Un metodo terapeutico basato su tale indagine per il trattamento dei disturbi nevrotici
  • Una serie di conoscenze psicologiche acquisite che gradualmente si armonizzano e convergono in una nuova disciplina.

Ecco alcune scoperte fondamentali della psicoanalisi:

  • L’inconsapevolezza del sistema motivazionale che determina il comportamento delle persone
  • L’inganevolezza che il soggetto può ottenere alla introspezione
  • Le libere associazioni come chiave di interpretazione dell’inconscio
  • La contiguità tra processi psichici inconsci e eventi somatici
  • La resistenza con varie forme descritta come difesa
  • I processi di trasfert e controtransfer
  • Il setting visto come laboratorio per l’indagine
  • L’importanza della relazione tra analista e analizzando, attraverso la reciproca comunicazione inconscia, come fattore di cambiamento.

Complesso di Edipo, Super Io, pulsioni: ecco alcune formulazioni psicoanalitiche molto conosciute. Si tratta di teoria, concetti, modelli e hanno un valore strumentale limitato: le teorie non sono né vere le false ma possono essere più o meno utili allo sviluppo di una scienza e spesso vengono sostituite con teorie migliori. Le scoperte restano le teorie cambiano. La teoria freudiana, che è quella più conosciuta nel vasto pubblico, è solo una di quelle utilizzate dagli psicanalisti. Un altra teoria è quella di Melanie Klein.

La teoria freudiana è detta energetico-pulsionale poiché parte dal concetto di pulsione e ipotizza una concezione energetica in cui tutto il funzionamento mentale è spiegato attraverso una dinamica e una economia di flussi energetici (Libido).

La teoria di Melanie Klein, invece, parte dal concetto di soggetto interno e di fantasia e può essere definita come una teoria semantico-rappresentazionale: i processi mentali sono descritti attraverso una complessa rete di rappresentazioni e di significati.

(modificato da Novellino, Scegliere lo psicoterapeuta, come e quando, Franco Angeli/Le comete)

La psicologia analitica junghiana

SI tratta di una teoria psicologica e un metodo di indagine del profondo elaborato dall’analista svizzero Carl Gustav Jung e dagli allievi della sua scuola.

Si pensa erroneamente che la psicologia analitica di Jung sia derivata direttamente dalla psicoanalisi freudiana e che lo stesso Jung fosse allievo di Freud mentre invece Jung elaborò una propria visione dell’inconscio autonomamente da Freud.

I due collaborarono per alcuni anni ma nel 1913 si verificò una rottura mai ricomposta. In quell’anno, con la pubblicazione del libro “Libido. Simboli della Trasformazione”, Jung si distaccò da Freud sostenendo che la libido non è solamente energia sessuale, che mira a scaricarsi con il raggiungimento dell’oggetto desiderato, ma è invece l’energia psichica in toto; l’inconscio, inteso da Freud (almeno inizialmente) come mero ricettacolo del rimosso, è visto invece da Jung come una porzione della psiche che contiene altri contenuti che non sono mai stati parte della coscienza.

L’osservazione dei contenuti dei sogni, dei deliri psicotici, della mitologia e della storia delle religioni portò Jung a ipotizzare un ulteriore dimensione dell’inconscio che definì “inconscio collettivo“, i cui contenuti chiamò archetipi. Per la psicologia analitica junghiana, il processo di individuazione archetipica costituisce la finalità dell’esistenza di ogni persona.

La psicologia analitica junghiana segue nella propria indagine un metodo finalistico, il cui obiettivo è la ricerca del senso dei processi inconsci e della sofferenza psichica. Di fondamentale importanza è la teoria del simbolo, inteso da Jung come motore dello sviluppo psichico e strumento di trasformazione dell’energia psichica, originato dal confronto della coscienza con l’inconscio ed i suoi contenuti.

L’inconscio personale non è, come per Freud, il “luogo del rimosso”, cioè un contenitore psichico vuoto alla nascita, che man mano si popola di complessi causati da episodi traumatici infantili. Per Jung anzitutto l’inconscio non è “vuoto”, ma è il contenitore di forme archetipiche universali ereditarie, all’interno del quale si organizzano le esperienze individuali. Inoltre esso precede la formazione dell’Io cosciente, e contiene il progetto esistenziale dell’individuo che ne è portatore, qualcosa che fa pensare ad una sorta di codice genetico psichico.

Anche per Jung, come per Freud, l’inconscio non è direttamente osservabile ma solo attraverso l’analisi e il processo di individuazione.

Jung pensava che nel sintomo nevrotico come nel delirio psicotico affiorino immagini e idee che non sono proprie personali del paziente, ma che gli pervengono da un “fondo arcaico”, e le cui figure possono desumersi da culti, religioni e mitologie antichi appartenenti a tutti i popoli: sono gli archetipi, forme alla base dell’inconscio collettivo, condivise da tutta l’umanità, che costituiscono, nel campo psicologico, l’equivalente di ciò che in campo antropologico sono le “rappresentazioni collettive” dei primitivi, o, nel campo delle religioni comparate, le “categorie dell’immaginazione”.

La dinamica dualistica ed esclusiva tra Eros e Thanatos in cui Freud aveva individuato e confinato il motore energetico della nevrosi, in Jung si articola e si moltiplica in funzione della pluralità delle figure archetipiche che popolano l’inconscio.

Il sintomo non richiede più una spiegazione in chiave di causa-effetto, ma viene considerato esso stesso una “domanda di significato” rispetto al disagio soggettivo che esprime.

Il disturbo psichico smette così di essere considerato una malattia, e l’intervento analitico non viene più considerato solo una “cura”; ne consegue che la pratica psicologico-analitica junghiana non mira più ad una “guarigione”, ma ad individuare il senso simbolico e archetipico del disturbo, e ad aiutare il suo portatore ad utilizzarne l’energia ai fini della “trasformazione” e della propria individuazione.

Lavorare con gli archetipi richiede certamente molte conoscenze di tipo non clinico, perché richiede anche molta immaginazione e accompagnare il paziente in questa esplorazione richiede da parte del terapeuta un’attenzione non solo intellettuale, ma anche empatica. E’ quindi  evidente che, nell’analisi junghiana, la psiche del terapeuta è “messa in causa” dall’analisi non meno di quella del paziente. Da questo punto di vista, la teoria della tecnica junghiana ha prefigurato alcuni dei più recenti sviluppi della psicoanalisi intersoggettiva.

La psicoterapia  analitico-transazionale

L’analisi transazionale (AT) nasce negli anni 50 ad opera dello psichiatra Eric Berne che sviluppò un modello di personalità, di comportamento umano e di relazioni basato sull’equilibrio tra tre diversi sistemi di interpretazione e reazione: gli stati dell’Io. Si tratta di esperienze vissute in piena consapevolezza e che si formano sia in risposta ai vissuti dell’infanzia (là ed allora) che a quelli del momento presente (qui ed ora).

Berne formulò la sua teoria in modo semplice e quindi facilmente comprensibile con l’obiettivo di rendere accessibile a chiunque una lettura di se stessi e degli altri chiara, profonda e non invasiva allo stesso tempo. Differenziandosi in modo netto da Freud, secondo il quale Es e super-Io non sono osservabili direttamente ma valutabili solo dopo l’analisi dell’inconscio, Berne affermò che gli Stati dell’Io sono osservabili direttamente come comportamenti, emozioni, pensieri e modalità relazionali.

Gli altri due concetti teorici fondamentali su cui è basata la psicoterapia analitico transazionale sono i giochi e il copione. I giochi psicologici sono le comunicazioni e i comportamenti tra le persone in risposta a stimoli inconsapevoli derivanti da esperienze e decisioni infantili. Si tratta di situazioni sempre spiacevoli per i “giocatori” che pensano e agiscono senza consapevolezza sulle reali motivazioni. Il copione è il piano di vita che ciascuno di noi mette in atto in età infantile per sopravvivere, sia psicologicamente che fisicamente, alle difficoltà ambientali e relazionali.

Il metodo psicoterapeutico che deriva dal modello AT è basato sull’analisi degli Stati dell’Io (interna e nelle relazioni), dei giochi e del copione. Il metodo classico Berniano consiste nell’attivare progressivamente lo Stato dell’Io Adulto decontaminandolo dalle influenze inconsapevoli sia del Bambino che del Genitore; successivamente si passa a “deconfondere” lo Stato dell’Io Bambino portando alla coscienza sia i giochi che il copione di vita. Tali analisi partono dall’osservazione delle dinamiche tra terapeuta e paziente o tra pazienti di un gruppo.

Altri aspetti metodologici della psicoterapia analitico transazionale sono l’impostazione di tipo contrattuale e la ricerca obbligata dell’alleanza terapeutica in cui terapeuta e paziente concordano su metodi e obiettivi.

I disturbi che rispondono bene alla psicoterapia AT sono quelli dell’umore (depressione), i disturbi d’ansia (paure, fobie, attacchi di panico), i disturbi generali di personalità. Rispondono male, e sono quindi da considerarsi una controindicazione, i disturbi del pensiero (psicosi acuta) e le tossicodipendenze.

Scegliere il terapeuta

Scegliere il terapeuta

Prima del primo colloquio

I paragoni con altri tipi di scelta sono utili e inappropriati allo stesso tempo: anche nell’ambito sanitario, lo psicoterapeuta è uno specialista con caratteristiche e competenze molto diverse da un chirurgo o da un endocrinologo; lo psicoterapeuta è maestro delle abilità non tecniche, relazionali, comportamentali e la relazione con il paziente sarà esclusivamente psichica e di linguaggio.

Non è possibile fornire “linee guida” basate su evidenze mentre è utile sottolineare alcuni aspetti della scelta:

  • attenzione ai nominativi pubblicizzati soprattutto nella rete: diffidare sempre di persone che non dichiarano, in modo chiaro e controllabile, i loro titoli e le loro competenze; chiunque può acquistare e gestire un sito e nessun controllo di qualità è previsto in modo sistematico e costante
  • attenzione massima alle persone conosciute attraverso le trasmissioni televisive: essere chiamati a partecipare ad un talk show non comporta necessariamente competenza e professionalità; al contrario, gli ospiti delle trasmissioni e i così detti esperti sono reclutati mediante conoscenze e passa parola.
  • tenere in buona considerazione i terapeuti che hanno condotto con successo terapie con persone che ne sono rimaste pienamente soddisfatte
  • tenere in buona considerazione nominativi forniti da specialisti (psicologi, psichiatri) che conoscano personalmente il terapeuta
  • tenere in buona considerazione nominativi forniti dalle Scuole di Specializzazione e dalle associazioni riconosciute e qualificate.

Elementi Ok di un terapeuta

  • Laurea in Medicina e Chirurgia o in Psicologia
  • Iscrizione all’Ordine dei Medici o degli Psicologi
  • Svolge colloqui di orientamento (2 o 3) prima di prendere “posizione”
  • Informa il paziente in modo chiaro su quello che è meglio per lui (psicoterapia, farmaci, entrambi)
  • Imposta il rapporto in modo discreto e professionale
  • Informa il paziente in modo chiaro sui termini e le modalità dell’impegno da parte sua

Naturalmente, questi non devono essere considerati elementi che, se presenti, garantiscono il risultato ! Nessuno può garantire il risultato perchè anche il terapeuta più competente e esperto non potrà nulla in assenza di lavoro attivo del paziente (cosa non prevedibile all’inizio)

Elementi NON Ok di un terapeuta

  • fornisce risposte evasive e vaghe alle richieste sulla natura dei problemi e sui risultati che ci si possono aspettare, come se il terapeuta non volesse impegnarsi nè compromettersi
  • è eccessivamente sicuro e deciso sui risultati con guarigione scontata e sicura
  • è eccessivamente confidenziale (passa al “tu” facilmente) e assume un ruolo di “amicone” di cui ci si può sicuramente fidare
  • fa il nome di altri pazienti
  • fa capire o dice che la relazione avrà delle appendici extra-seduta:  “….magari una sera ci mangiamo una pizza insieme…..”
  • svaluta e critica altri colleghi o altri tipi di psicoterapia: il professionista serio non giudica senza conoscere in prima persona e rispetta il lavoro degli altri
La relazione terapeutica

La relazione terapeutica

Il contratto tra psicoterapeuta e paziente

Parlare di contratto in una relazione d’aiuto come quella tra psicoterapeuta e paziente potrebbe facilmente causare malessere e rimandare ad ambiti completamente diversi e a circostanze amministrative e/o burocratiche. Questo malessere è importante che sia superato perchè il contratto in psicoterapia è uno strumento indispensabile per proteggere entrambe le parti e permette di capire punti chiave dell’argomento.

Il terapeuta riceve la fiducia del paziente e ha la grande responsabilità di gestire tale fiducia soprattutto gestendo il potere che gli viene conferito da tale fiducia e dalla inevitabile dipendenza da lui. Il paziente affiderà al terapeuta la sua intimità, la sua insicurezza, i suoi segreti e suoi pensieri incoffessabili. E’ un potere e una dipendenza che ricordano il rapporto tra genitore e figlio e, come un buon genitore, il terapeuta ha bisogno delle seguenti caratteristiche:

  • non dovrà essere dipendente dal figlio/paziente perchè in possesso di una sua vita affettiva e sociale che gli permette di soddisfare i suoi bisogni indipendentemente dal figlio; ad esempio non investirà sul paziente in termini di aspettative e bisogni. Il terapeuta, come un buon genitore, si occupa della crescita emotiva del suo paziente e ha come obiettivo primario l’indipendenza del paziente.
  • è affettuoso e normativo in modo bilanciato e proporzionato ai bisogni e alle circostanze; fornisce atteggiamenti supportivi e affettivi ma limita e pone confini nel caso che il paziente/figlio travalichi o ignori i limiti posti dalla realtà. Nell’ambito della relazione terapeutica, quindi, il limite è costituito proprio dal fatto che non si tratta di un genitore “reale” ma di una metafora del genitore; i limiti vengono quindi forniti dalla natura professionale del contratto.

Il rispetto dei limiti del contratto è un punto indispensabile e primario.

Un contratto prevede un accordo esplicito e verbalizzato sugli obiettivi della relazione terapeutica: terapeuta e paziente concordano sulla necessità e sull’utilità di intervenire su problemi emotivi e relazionali utilizzando la competenza professionale del terapeuta.

Il contratto non presuppone, però, che la relazione terapeuta-paziente sia “alla pari” poichè dei due è il terapeuta ad avere capacità di valutazione e a decidere cosa sia meglio per il paziente. Una metafora consente di capire meglio questo concetto:

“la terapia è come una barca su cui terapeuta e paziente navigano insieme; entrambi possono decidere e concordare dove andare e quali mari esplorare ma solo il terapeuta, soprattutto all’inizio, è in grado di governare la barca e di evitare pericoli e incognite perchè conosce gli strumenti della barca, il meteo e i mari dove si può navigare; il paziente imparerà, aiutato dal terapeuta, a governare fino al punto di essere in grado di andare da solo” 

Come funziona la psicoterapia ?

Alcuni punti devono essere chiari per il paziente e devono essere spiegati dal terapeuta prima di iniziare qualsiasi percorso:

  • La psicoterapia è basata sulla collaborazione tra due persone e non produce effetti se non con la partecipazione attiva del paziente.
  • Il lavoro consiste nella esplorazione delle componenti razionali ed emotive della personalità del paziente
  • La durata non è prevedibile in modo preciso ma solo approssimativamente
  • Il lavoro ha un costo di cui il paziente deve farsi carico preferibilmente personalmente
  • Come tutti gli interventi medici, il terapeuta ha l’obbligo della confidenzialità e riservatezza (segreto professionale)

Professionalità e deontologia del terapeuta

La competenza professionale del terapeuta è quella che consente di aiutare il paziente a risolvere i propri blocchi, i propri malfunzionamenti e i propri conflitti in modi che egli possa aumentare le possibilità di benessere, equilibrio e felicità; è quella che consente di capire l’altro aiutandolo a intervenire sui problemi per i quali ha chiesto aiuto.

La deontologia è quella di rimanere nei limiti professionali del rapporto, limiti che possono essere messi a rischio dall’intimità psichica e dai sentimenti di dipendenza e affetto. Una grande psichiatra e psicoterapeuta (Silvia Daini) diceva che nella stessa della terapia qualsiasi cosa era consentita fatti salvi i contatti fisici, amorosi o aggressivi che fossero.

Che cosa da lo psicoterapeuta ?

  • Fornisce informazioni chiare e dirette sui suoi titoli, sul tipo di psicoterapia che intende svolgere, sui costi e, in modo approssimativo, sulla durata della relazione.
  • Garantisce riservatezza assoluta
  • Informa il paziente sui fini e sulle possibilità di successo della terapia eliminando qualsiasi aspettativa miracolosa o magica di “guarigioni” rapide e definitive.
  • Offre uno o due colloqui orientativi prima di formulare ipotesi diagnostiche e progetti terapeutici.
 Che cosa da il paziente ?

Senza un atteggiamento attivo del paziente la terapia è destinata al fallimento. Quindi al paziente deve essere chiaro fin dall’inizio che:

  • dovrà mettersi in gioco ed essere disponibile a lavorare su se stesso
  • non esistono effetti immediati e miracolosi come quelli dei farmaci; per conoscersi e per conoscere i motivi veri del proprio malessere occorre tempo.
  • dovrà investire risorse sia in termini di tempo (non meno di 1 seduta a settimana) che di denaro
Psicoterapia : domande, risposte e pregiudizi

Psicoterapia : domande, risposte e pregiudizi

Da cosa derivano le difficoltà di orientamento e comprensione su argomenti che riguardano la salute mentale ?

Michele Novellino, mio maestro e supervisore, sentì il bisogno, quasi 20 anni fa, di pubblicare un volume dal titolo “Scegliere lo psicoterapeuta, come e quando”, una vera e propria guida/bussola per orientarsi nel mondo che inizia con “psi”. Cito testualmente un brano tratto dal capitolo 1, quello introduttivo:

“un pomeriggio mi trovo ricevere una coppia di genitori che accompagnano il figlioletto di una decina d’anni. I due sono preoccupati per alcuni comportamenti del figlio; la visita mi dimostra ben presto che si tratta di una situazione di ansia dovuta a una difficoltà della coppia a trovare un’armonia più generale, e questo anche nell’educazione del figlio. Stranamente ma non troppo il primo spunto circa l’assoluta normalità del figlio mi viene proprio da un riferimento di quest’ultimo alla mia presenza. Dopo pochi minuti, il ragazzino mi chiede con tono diretto e lievemente risentito: “ma tu sei uno strizzacervelli ?”, Rispondo di sì, e di rimando chiedo come l’avesse compreso (Il lettore avrà intuito che i genitori avevano raccontato che ero un amico); la risposta arriva pronta: “ho visto uno che faceva le tue stesse domande,nella puntata di …..”(e nomina un certo telefilm di gran successo tra i giovani).”

Questo episodio mette in luce che la psicoterapia, scienza e professione giovane rispetto ad altre più antiche, risente molto dell’immagine che è stata prodotta attraverso i moderni canali di comunicazione e conoscenza come ad esempio giornali televisione e rete. Purtroppo il risultato è che spesso vengono mescolati nella stessa pentola professionisti seri e venditori di fumo, scienziati di vecchia data e ipnotizzatori da baraccone. Questo ha causato un’immagine assolutamente approssimativa di una professione che richiede competenza ed etica e di cui le persone hanno un gran bisogno

Psicoanalisi e psicoterapia sono la stessa cosa ?

SIgmund Freud, medico, neurologo e psicanalista, ideatore e fondatore della psicoanalisi, aprì la strada alla moderna psicologia e all’idea che corpo e mente sono intimamente legati, si condizionano a vicenda, e hanno delle parti di cui non si ha consapevolezza, cioè incoscienti.

Come sostiene Michele Novellino, senza di lui non esisterebbe la moderna psicologia e psichiatria e noi (psicoterapeuti, psicologi, psichiatri) non saremmo qui.

Ma molto tempo è passato e molte delle idee di Freud non si sono dimostrate corrette e reali, cosa facilmente comprensibile considerando i tempi che viveva.

Ma ancora oggi le parole che iniziano con “psi” portano molte persone a pensare a Freud e alla psicoanalisi, concetti spesso associati all’idea di malattia mentale, di follia.

La psicoanalisi è tuttora una disciplina psicoterapeutica praticata e diffusa e è una piccola fetta dell’ampia offerta di trattamenti psicoterapici disponibili. Quindi: psicoterapia e psicoanalisi non sono sinonimi.

Psicoterapia: CURA DELLE CONDIZIONI DI DISAGIO EMOTIVO E RELAZIONALE ATTRAVERSO UNA RELAZIONE D’AIUTO “GUIDATA” DA UN PROFESSIONISTA ABILITATO (modificato da Novellino, Scegliere lo psicoterapeuta, come e quando, Franco Angeli/Le comete)

Psicoanalisi: un procedimento per l’indagine dei processi psichici cui altrimenti sarebbe impossibile accedere; un metodo terapeutico basato su tale indagine per il trattamento dei disturbi nevrotici. Si tratta in pratica di rendere cosciente l’inconscio con un’analisi, guidata dall’analista, con cui è possibile dare significato a quanto regola la condotta e il comportamento dell’uomo.

Che differenza c’è tra psicologi, psichiatri e psicoterapeuti ?

Psicologia, psicoterapia, psichiatria….parole usate spesso in modo indiscriminato e interscambiabile: sono la stessa cosa ?

La psichiatria è una branca specialistica della medicina che si occupa dei disturbi mentali e del  mantenimento e il perseguimento della salute mentale; ciò viene ottenuto con strumenti medico-farmacologici, neurologici, psicologici, sociologici, giuridici, politici. La psichiatria è sovente maggiormente orientata verso l’identificazione del disturbo mentale o psicologico come derivante da un funzionamento anomalo a livello fisiologico del sistema nervoso centrale seguendo una prassi od ottica strettamente scientifico-materialista.

Gli psichiatri sono medici (specialisti in psichiatria, appunto !) possono prescrivere farmaci e praticare la psicoterapia cui sono abilitati “d’ufficio” dalla specializzazione.  Questa abilitazione “di ufficio” solleva dubbi e merita qualche considerazione. Esaminando i piani didattici delle scuole di specializzazione in psichiatria appare evidente che pochi crediti formativi sono dedicati alle tecniche di psicoterapia nel corso dei cinque anni di durata della scuola. (ad esempio 40-50 crediti su un totale di 300 crediti nei cinque anni); ci si può chiedere cioè a cosa servono quattro anni di di specializzazione in psicoterapia se gli psichiatri acquisiscono le competenze di psicoterapeuta in meno di un anno.

La psicoterapia è definibile come la terapia dei disturbi psichici basata sulla parola e sulla relazione tra terapeuta e paziente/cliente. E’ una specializzazione cui possono accedere sia i medici che gli psicologi; quindi, uno psicoterapeuta può essere un medico o uno psicologo. I medici psicoterapeuti possono prescrivere farmaci, gli psicologi psicoterapeuti no.

La psicologia è la disciplina che studia i processi psichici, mentali e cognitivi nelle loro componenti consce e inconsce. E’ una laurea quinquennale che conferisce, appunto, il titolo di psicologo.

Secondo l’articolo 1 della legge 56/89, La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito. Quindi, per legge, lo psicologo può fare: prevenzione, diagnosi, abilitazione-riabilitazione, sostegno, sperimentazione, ricerca, didattica sia rivolte al singolo, al gruppo, fino alla comunità intera.

Lo psicologo, privo della specializzazione in psicoterapia, non è abilitato alla psicoterapia.

Psicoterapeuta: chi può definirsi tale ?

Psicoterapeuta è chi, in possesso della iscrizione all’albo dei medici o degli psicologi ha conseguito il diploma di specializzazione quadriennale in psicoterapia. Oltre a questa definizione formale e istituzionale possiamo proporre una definizione più strettamente professionale e di competenze: psicoterapeuta è chi si dedica al trattamento, alla cura, alla presente carico di persone che soffrono di disturbi, conflitti, problematiche di natura psicologica. L’oggetto del suo lavoro è la mente ed è oggettivamente molto difficile definire un territorio di intervento: non c’è un organo su cui si accentri l’attenzione dello psicoterapeuta mentre egli interviene sul comportamento, sui vissuti, sulle fantasie, in altri termini su quello che viene chiamato” il mondo interiore” dell’uomo.

Gli psicoterapeuti cercano di aiutare le persone a capire come hanno organizzato il loro mondo interiore; per far questo essi hanno bisogno di una buona conoscenza che padronanza di loro stessi: non si può aiutare a conoscere se non si è passati attraverso l’autoconoscenza

Psicoanalista: chi può definirsi tale ?

Si tratta di un termine abusato ed equivocato sia in buona che cattiva fede: psicoanalista non è chiunque si occupi della psiche, bensì colui o colei specializzato nell’applicazione del metodo psicanalitico costruito da Freud e che è iscritto a qualcuna delle associazioni psicoanalitiche riconosciute dai movimenti internazionali legati a Freud. In Italia esistono due associazioni riconosciute: la storica Società Psicoanalitica Italiana (http://www.spiweb.ite l’Associazione Italiana di Psicoanalisi (http://www.aipsi.it) Vengono considerati psicoanalisti anche gli affiliati al movimento junghiano, anche se quest’ultimo si rifà ad una teoria definita da Jung stesso come “psicologia analitica” proprio per differenziarla dalla psicoanalisi freudiana.

In cosa consiste la psicoterapia ?

La psicoterapia consiste nella cura delle condizioni di forte disagio emotivo e relazionale; la cura avviene attraverso una relazione d’aiuto guidata secondo scienza e coscienza da un professionista abilitato.

Da questa definizione nasce il bisogno di analizzare in dettaglio alcune parole e frasi.

Cura: la psicoterapia, pur non utilizzando farmaci e trattamenti invasivi, è un intervento di natura medica, il che non vuole dire che deve essere effettuata necessariamente da laureati in medicina e chirurgia. Significa che i professionisti che svolgono la psicoterapia, medici o psicologi che siano, hanno le stesse responsabilità di un medico che prescrive farmaci e fa diagnosi. Il che equivale a dire che l’utente è un paziente a tutti gli effetti: vuole essere aiutato perché il suo stato di salute è alterato. Quindi lo psicoterapeuta, anche se non è un medico come titolo, ha le stesse responsabilità e le stesse funzioni di un medico specialista, ossia quelle di aiutare i pazienti che si rivolgono a lui per recuperare il proprio stato di salute.

Relazione d’aiuto guidata secondo scienza e coscienza: lo psicoterapeuta offre la possibilità di affrontare i propri problemi in quanto è fornito della competenza specifica acquisita durante la specializzazione in cui ha maturato sia gli aspetti tecnici che quelli deontologici della sua professione.

Disagio emotivo e relazionale: la psicoterapia interviene in due grandi categorie di situazioni. Nella prima il paziente soffre di emozioni spiacevoli che determinano un senso di infelicità e ne limitano i comportamenti. Tali stati emotivi spesso sono cronici, incontrollabili e rendono difficili le normali interazioni con l’ambiente circostante. In genere i pazienti non riescono a dare un senso a tali stati e arrivano alla sensazione di essere totalmente incapaci di affrontare da soli le situazioni. Nella seconda condizione l’individuo accusa persistenti e ripetitive situazioni relazionali insoddisfacenti e limitative: solitudine, tendenza agli abbandoni, emarginazione, difficoltà ad accettare rapporti ineliminabili (figli, figure autoritarie).

Professionista abilitato: la psicoterapia è una professione a tutti gli effetti; allo stesso tempo per poter esercitare sono senza dubbio indispensabili alcuni aspetti umani particolari come interesse per gli altri, desiderio di aiutare, curiosità per l’animo umano. Queste doti devono essere affinate e sostanziate da capacità tecniche attraverso la specializzazione e attraverso il tirocinio pratico. Nelle doti umane che abbiamo ricordato si inseriscono problematiche personali che devono essere coscienti e devono essere controllate: chi vuole aiutare gli altri a conoscersi deve prima di tutto conoscere se stesso e le motivazioni che lo hanno portato ad aiutare gli altri. Per un medico o per un avvocato non è sempre necessario sapere le motivazioni profonde che lo spingono a svolgere una professione di tipo umanitario: ad esempio un chirurgo può essere un ottimo operatore anche senza conoscere i propri impulsi sadici o aggressivi, anzi molto spesso è meglio che non lo sappia ! Lo psicoterapeuta utilizza se stesso per aiutare gli altri: quindi lo strumento della relazione d’aiuto è la mente del terapeuta e quindi si deve conoscere bene cosa accade dentro se stessi per saper guidare l’altro. Essere abilitati significa aver imparato la disciplina fino al punto che gli insegnanti e i tutor ritengono sufficiente. I corsi di specializzazione devono essere completati fino alla certificazione finale che non è una garanzia in assoluto ma fornisce un criterio sulla disponibilità del professionista a svolgere quanto viene dichiarato necessario da colleghi più esperti affinché possa affrontare i problemi del paziente con serietà, competenza e deontologia.

Analisi e terapia

Analisi e terapia

Psicoanalisi e psicoterapia sono la stessa cosa ?

SIgmund Freud, medico, neurologo e psicanalista, ideatore e fondatore della psicoanalisi, aprì la strada alla moderna psicologia e all’idea che corpo e mente sono intimamente legati, si condizionano a vicenda, e hanno delle parti di cui non si ha consapevolezza, cioè incoscienti.

Come sostiene Michele Novellino, senza di lui non esisterebbe la moderna psicologia e psichiatria e noi (psicoterapeuti, psicologi, psichiatri) non saremmo qui.

Ma molto tempo è passato e molte delle idee di Freud non si sono dimostrate corrette e reali, cosa facilmente comprensibile considerando i tempi che viveva.

Ma ancora oggi le parole che iniziano con “psi” portano molte persone a pensare a Freud e alla psicoanalisi, concetti spesso associati all’idea di malattia mentale, di follia.

La psicoanalisi è tuttora una disciplina psicoterapeutica praticata e diffusa e è una piccola fetta dell’ampia offerta di trattamenti psicoterapici disponibili. Quindi: psicoterapia e psicoanalisi non sono sinonimi.

locandina capire la psicologia
Questa è la pubblicità apparsa durante il mese di agosto 2016 di una collana chiamata “capire la psicologia” e in cui i termini psicologi e psicanalisti vengono utilizzati in modo interscambiabile.

Psicoterapia: CURA DELLE CONDIZIONI DI DISAGIO EMOTIVO E RELAZIONALE ATTRAVERSO UNA RELAZIONE D’AIUTO “GUIDATA” DA UN PROFESSIONISTA ABILITATO (modificato da Novellino, Scegliere lo psicoterapeuta, come e quando, Franco Angeli/Le comete)

Psicoanalisi: un procedimento per l’indagine dei processi psichici cui altrimenti sarebbe impossibile accedere; un metodo terapeutico basato su tale indagine per il trattamento dei disturbi nevrotici. Si tratta in pratica di rendere cosciente l’inconscio con un’analisi, guidata dall’analista, con cui è possibile dare significato a quanto regola la condotta e il comportamento dell’uomo.