Il Bambino che c’è in noi

Il Bambino che c’è in noi

Mentre lo Stato dell’Io Genitore contiene la registrazione degli avvenimenti esterni al bambino, lo Stato dell’Io Bambino include le registrazioni degli avvenimenti interni cioè delle reazioni del bambino a ciò che vede e sente.

Queste reazioni consistono essenzialmente in emozioni e stati d’animo in quanto il bambino non è in possesso di strumenti cognitivi e intellettuali per decodificare e capire gli avvenimenti intorno a sé.

È importante tenere presente che nei primi anni di vita il bambino è in una condizione di impotenza totale: è piccolo, alla mercé degli altri, non controlla i suoi movimenti, non conosce e capisce le parole, non è in grado di costruire espressioni di senso compiuto.

In questo periodo che potremmo definire critico, il bambino invia continue richieste di aiuto incondizionato. Da un lato il bambino deve rispondere a bisogni primari come il bisogno di evacuare, di fare pipì, la fame, l’esplorazione, l’espressione dei propri stati d’animo, l’eccitazione dei primi movimenti e la scoperta di nuove cose. Dall’altro i genitori chiedono più o meno costantemente di rinunciare a queste soddisfazioni primarie offrendo come ricompensa la propria approvazione. L’approvazione da parte dei genitori è per il bambino un mistero totale in quanto non è in grado di istituire alcun rapporto certo di causa ed effetto.

Non è sorprendente, quindi, che di fronte a questo frustrante processo di socializzazione in un contesto poco comprensibile lo stato d’animo prevalente sia di tipo negativo. In termini di analisi transazionale possiamo affermare che il bambino è in una posizione esistenziale “io non sono ok“. Questa condizione di non ok è registrata in modo indelebile nello Stato dell’Io Bambino ed è un residuo del passaggio attraverso l’infanzia. Il Bambino non ok è presente in ogni persona anche nei figli di genitori buoni, amorevoli, indulgenti e disponibili. Questa condizione di non ok non è tanto determinata dal comportamento dei genitori quanto dalla condizione infantile di impotenza e inferiorità. Se i figli di genitori “bravi” si portano comunque il peso del non ok non è difficile immaginare quale fardello di dinamiche negative possano esistere nei figli di genitori negligenti, abusanti, maltrattanti e narcisisti.

Le registrazioni dello Stato dell’Io Bambino, come quelle dello stato dell’Io Genitore, possono essere rievocate rapidamente in qualsiasi momento della vita e in ogni tipo di relazione e comunicazione. E se la situazione reale del qui ed ora ricrea una qualche situazione infantile susciterà gli stessi stati d’animo ed emozioni che furono provate allora. In tutte le condizioni in cui non c’è alternativa o ci troviamo con le spalle al muro o pensiamo di non riuscire a sopravvivere lo Stato non ok del bambino originario viene riattivato e vengono rivissute le stesse emozioni. Si tratta di una versione aggiornata della depressione primaria del bambino.

Fortunatamente lo Stato dell’Io Bambino contiene però anche registrazione di dati positivi e piacevoli. La creatività, la curiosità, il desiderio di esplorare e di sapere, il bisogno impellente di toccare, sentire e sperimentare vengono registrati come stati d’animo esaltanti e piacevoli. Nello Stato dell’Io Bambino vengono registrate tutte le prime meravigliose esperienze, tutte le prime volte della vita del bambino, tutte le avventure stupende ripetute più di una volta. Il dondolio ritmico della culla, la sensazione di una soffice coperta, le sensazioni favorevoli agli eventi positivi.; è il bambino felice e spensierato che rincorre le farfalle o la bambina col volto cosparso di Nutella.

In definitiva le persone emergono dall’infanzia con un bagaglio enorme di esperienze registrate nello Stato dell’Io Genitore e nello Stato dell’Io Bambino in modo incancellabile. È giusto quindi domandarsi quali speranze le persone hanno per cambiare e sganciarsi dal passato.

Foto di Senjuti Kundu su Unsplash

Berne e l’analisi transazionale

Berne e l’analisi transazionale

Eric Berne, 1910 – 1970

Ormai più di 40 anni fa, Eric Berne concepiva e proponeva una nuova teoria della personalità e della comunicazione tra esseri umani che metteva al centro dell’attenzione le interazioni tra le persone e il bisogno innato e irrefrenabile di essere riconosciuti dagli altri; le transazioni tra le persone sono il nostro sociale quotidiano e sono determinanti per il nostro benessere psicologico e fisico; esse possono essere osservate, decifrate, interpretate e modificate.

Nasceva l’Analisi Transazionale, l’AT, e nasceva un nuovo modo semplice e profondo allo stesso di tempo, di leggere i comportamenti e di capire i dialoghi interni.  Come lo stesse Berne affermava: ”  l ‘AT è il sistema per capire i comportamenti umani, per cercare di cambiare i comportamenti umani e per prevedere i comportamenti umani”

Eric Berne

Eric Leonard Bernstein, meglio conosciuto come Eric Berne (Montréal, 10 maggio 1910 – 15 luglio 1970), è stato uno psichiatra canadese, noto in America e in Europa come colui che ha dato origine e sviluppo all’Analisi Transazionale, una teoria della personalità e della comunicazione tra le più utilizzate in psicoterapia individuale e di gruppo.

Berne aspirava a diventare psicanalista ma nel 1956  la sua candidatura fu bocciata, con il suggerimento di fare altri quattro anni di analisi personale prima di ritentare a chiedere il riconoscimento. Ciò accadeva a causa di una sua posizione non allineata con la psicoanalisi tradizionale che sfidò con alcuni scritti in contestava il concetto di “inconscio”.

Berne fu paradossalmente galvanizzato dal respingimento, che rilanciò la sua ambizione di estendere la psicoanalisi. Iniziò quindi a tentare un approccio originale alla psicoterapia. Nel 1957 si presentò al Congresso regionale della Associazione Americana di Psicoterapia di Gruppo (AGPA) di Los Angeles con un articolo con cui l’Analisi Transazionale (AT), cioè il metodo di Berne per la diagnosi e la cura, fa il suo ingresso nella letteratura della psicoterapia.

I punti chiave dell’AT sono l’analisi strutturale, basata sugli stati dell’Io, e la teoria dei giochi (Games) e del copione (Script). Berne individua ben presto la terapia di gruppo come ambito principe per le tecniche da lui proposte.

Ritenne opportuno dare al linguaggio tecnico dell’AT e all’intera teoria un aspetto familiare e leggibile ed esaltò l’idea che terapeuta e “paziente” collaborino su un piano paritario in base a un pieno e trasparente mutuo consenso.

I punti forti dell’AT sono la rapidità nell’ottenere miglioramenti stabili, il minore costo e quindi la maggiore accessibilità al trattamento. Questi nuovi strumenti vengono subito adottati nella lotta contro mali sociali come l’abuso di alcol.

Berne muore prematuramente nel 1970 senza completare i suoi progetti sull’AT e dando inizio alle numerose scuole che ancora oggi utilizzano l’AT come strumento per la psicoterapia, per l’educazione, per il counselling e per le organizzazioni.

L’Analisi Transazionale

La teoria originaria dell’analisi transazionale, così come elaborata da Berne, può essere considerata un’evoluzione in senso relazionale della psicoanalisi freudiana.

Le basi empiriche e fenomenologiche, insieme ad una impalcatura epistemologica sostenuta dal pragmatismo filosofico, ne fanno non solo una teoria della personalità, ma anche una teoria dello sviluppo e delle comunicazioni relazionali, estendendo soprattutto su questo versante la teoria freudiana, legata ad una visione meccanicistica del funzionamento della psiche, basata su una dinamica “idraulica” dell’apparato mentale, secondo il modello medico dell’Ottocento positivista.

L’Analisi Transazionale è anche una psicoterapia sistematica ai fini della crescita e del cambiamento della persona (definizione dell’ITAA – International Transactional Analisys Association).

Anche gli influssi dell’approccio centrato sulla persona di Carl Rogers sono evidenti e fanno sì che l’analisi transazionale tenga sempre in primo piano i bisogni della persona.

Negli anni cinquanta la teoria della comunicazione subì grandi sviluppi, principalmente grazie agli scienziati della comunicazione che dettero vita alla cibernetica, e le regole della comunicazione enunciate da Berne dipendono anche da questi progressi applicati alla teoria psicologica analitico-transazionale.

Berne  morì prima di aver potuto elaborare compiutamente molte delle questioni teoriche più importanti, che rimasero dunque aperte a contributi e sviluppi successivi. Priva dell’autorità del suo creatore, la teoria analitico transazionale subì negli anni settanta un vero e proprio “assalto integrativo” da parte di studiosi e terapeuti che arricchirono l’impianto teorico originario con assunti e soprattutto tecniche prese a prestito da altre scuole teoriche, prima fra tutte la psicoterapia gestaltica, allontanandosi dalle radici psicodinamiche e assumendo una direzione decisamente cognitivo-comportamentale.

Negli stessi anni l’analisi transazionale veniva scoperta dall’editoria divulgativa americana, tipicamente orientata alla manualistica semplificata e ai testi di auto-aiuto. L’enorme diffusione che la semplificazione e banalizzazione della teoria analitico transazionale ebbe in quegli anni è la principale responsabile di una immagine distorta trasmessa anche ai giorni nostri: una teoria adatta alla formazione di agenti di commercio e venditori più che alle applicazioni terapeutiche, basata su concetti coloriti e reificati (il Bambino che fa delle cose piuttosto che lo Stato dell’Io Bambino, un insieme complesso di pensieri, emozioni e comportamenti), dotata di un armamentario tecnico eterogeneo, in gran parte derivato da altre Scuole.

Un approccio approfondito all’analisi transazionale ne mette invece in luce le peculiarità legate ad un training professionale piuttosto che al livello divulgativo tipico dei tabloid e dell’editoria commerciale.

Soprattutto i legami con la psicoanalisi freudiana risultano evidenti, non solo per quanto riguarda i punti di contatto tra le topiche freudiane e i tre stati dell’io dall’analisi transazionale, ma principalmente per l’importanza fondamentale dell’analisi del transfert e del controtransfert nella terapia transazionale. Uno dei concetti cardine della teoria di Berne, il copione, è definito dall’autore “un dramma transferale”, a significare quanto le dinamiche transferali siano fondamentali nell’elaborazione e attuazione del proprio piano di vita.

L’AT quindi si caratterizza come approccio prevalentemente analitico. Essa, a partire dalla rielaborazione in termini fenomenologici della concezione degli Stati dell’Io, argomento strettamente collegato alla stessa psicoanalisi, estende il suo contenuto teorico alle leggi e alla pratica della comunicazione, alle transazioni, alla teoria dei giochi psicologici e al copione di vita, il piano deciso nell’infanzia che condiziona e governa la vita dell’uomo.

La parentela con la psicoanalisi è senza dubbio molto stretta, tanto che Carlo Moiso e Michele Novellino rivendicano l’esistenza di una vera e propria scuola psicodinamica in seno alla comunità analitico transazionale.

L’AT fa parte delle correnti della psicologia umanistico-esistenziale (Maslow, Rogers, Perls, Allport). All’interno di questa, essa si discosta dalla concezione medica della “guarigione da una malattia“. La sofferenza psichica: “rappresenta un blocco nella crescita e sviluppo del potenziale psicofisico dell’essere umano”(Novellino 2003).  Nell’ambito psicoterapeutico l’AT è utilizzata nel trattamento di disturbi psicologici di ogni tipo, dalle nevrosi a buon funzionamento alle psicosi gravi ed è un metodo di psicoterapia individuale, di coppia, di gruppo e familiare.

L’analisi transazionale sta subendo negli ultimi anni un ulteriore sviluppo, soprattutto ad opera di studiosi anglosassoni, verso una rielaborazione teorica basata sul confronto con le più recenti acquisizioni operate dalle neuroscienze, in particolare le basi neurofisiologiche degli stati dell’io, l’accesso alle memorie implicite e la formazione delle memorie episodiche.